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La carta di identità di un diamante: le famose 4C

La carta di identità di un diamante: le famose 4C

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Per molto tempo la classificazione dei diamanti è stato un grosso problema: la necessità di elaborare un metodo uniforme in grado di armonizzare il mercato su scala mondiale si è fatta pressante sin dagli inizi del secolo scorso. Solo negli anni '30, il GIA (Gemological Institute of America) , un'associazione no profit dedita alla ricerca e sviluppo nel campo delle gemmologia e della gioielleria, sviluppò un metodo onnicomprensivo per catalogare i diamanti (in seguito leggermente aggiornato per esigenze di mercato). Così come per le altre gemme, anche il valore dei diamanti si basa su alcune caratteristiche (o parametri di valutazione) più o meno rare: se non esistesse un sistema condiviso per la valutazione e la comparazione di questi elementi, risulterebbe praticamente impossibile stabilire una reale e veritiera classificazione dei diamanti, soprattutto sul mercato.

Le famose “4c” del diamante furono identificate per colmare questo vuoto e per rispondere a queste esigenze. Le 4c prendono spunto dalle iniziali dei loro corrispettivi sostantivi in lingua inglese (clarity, cut, carat weight and colour): purezza, taglio, peso e taglio. Andiamo ad analizzarle una ad una e scopriamo cosa ci rivelano.

Purezza

Il termine purezza ha a che fare con l'assenza all'interno di una pietra di inclusioni e di caratteristiche esterne. Questi due elementi, combinati tra loro, vanno a definire la carta di identità della pietra seppur siano tra loro ben separati. Se da un lato per inclusioni si intendono più o meno marcate imperfezioni completamente contenute nella parte interna della pietra (o che dalla superficie si indirizzano verso l'interno), le caratteristiche esterne rimangono invece a livello di superficie. Mentre le inclusioni possono influire su qualsiasi tipo di livello di purezza, le caratteristiche esterne possono impattare solo i gradi di purezza più elevati (Puro ed Internamente puro). La purezza viene catalogata secondo un sistema che copre tutti i gradi e le sfumature della stessa in modo inequivocabile. La scala della purezza comprende undici diverse gradazioni i cui nomi sono anche qua tramutati dall'inglese:

FL – Puro (Flawless)

IF – Internamente puro (Internally flawless)

VVS1 – Molto molto leggermente incluso (Very Very Slightly included)

VVS2 – Molto molto leggermente incluso 2 (Very very slightly included 2)

VS1 – Molto leggermente incluso (Very slightly included 1)

VS2 – Molto leggermente incluso 2 (Very slightly included 2)

SI1 – Leggermente incluso 1 (Slightly included 1)

SI2 – Leggermente incluso 2 (Slightly included 2)

I1 – Incluso 1 (Included1)

I2 – Incluso 2 (Included 2)

I3 – Incluso 3 (Included 3)

La scala di purezza dei diamanti

Colore

La comune percezione che i diamanti si presentino come incolori è da lungo tempo scomparsa anche tra i non addetti ai lavori. La valutazione del colore del diamante secondo una scala universalmente riconosciuta è stata introdotta nel corso degli anni '50 dal GIA. I diamanti possono presentarsi in molteplici colorazioni compresi i gialli vibranti, rosa e i rarissimi rossi. Mentre quelli compresi tra l'incolore ed il giallo rientrano nella cosiddetta gamma ordinaria, quelli interamente neutri (incolori) vengono considerati di gran lunga i più preziosi. In sintesi, la scala di riferimento utilizza una categorizzazione che spazia dalla D alla Z dove per D si intendono i diamanti più puri e che presentano una totale assenza di colore, laddove l'approssimarsi alla Z indica una crescente presenza del colore giallo. Al di fuori della classificazione ci sono i cosiddetti “fancy diamonds”, ossia quelli colorati. Nell'immagine sottostante potete beneficiare di una visuale più esaustiva e chiara.

La scala dei colori dei diamanti: tutte le gradazioni.

Peso

Come in molti già saprete, il peso dei diamanti è espresso in carati (così come per le gemme). Un carato corrisponde esattamente a 200 milligrammi (in pratica 1/5 di grammo): occorrono dunque 5 carati per raggiungere precisamente un grammo di peso. L'origine del carato si estende fino all'antichità quando i mercanti individuarono i semi essiccati della carruba presentavano un peso costante e potevano quindi essere utilizzati come una misura standard per il peso. Sebbene la credenza comune affidi alla caratura (peso) la totalità del valore, essa è certamente un fattore fondamentale ma non l'unico per valutare con correttezza il pregio del diamante.

Taglio

Sui tagli e le sfaccettature delle pietre preziose abbiamo già dedicato un approfondimento specifico che potete liberamente consultare. In sintesi, il taglio può avere una influenza considerevole sulla bellezza estetica e il ritorno di luce del diamante. Gli aspetti preponderanti sono la simmetria, le proporzioni e la pulitura. La forma di taglio più diffusa è sicuramente il taglio a brillante, seguita da quella ovale, navette, a cuore e princess. Oltre al nostro approfondimento potete dare uno sguardo a questa grafica per familiarizzare con i tagli più famosi.

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